Animali e condominio
Come convivere serenamente?
La presenza di cani in condominio può generare conflitti.
Attenzione perché il condomino che non "gestisce" in modo idoneo il proprio cane può addirittura commettere dei reati.
Stalking e cane del condomino
Secondo l'articolo 612-bis c.p. (Atti persecutori o stalking), salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Non vi è dubbio che tale reato possa essere commesso anche tramite un cane. Così è stato già affermato che è stalking diretto far circolare il cane all'interno degli spazi comuni del condominio, se finalizzato a spaventare le bambine di una coppia di coniugi, solo per costringerli a cambiare casa (Cass. pen., sez. V, 18/07/2019, n. 31981).
Recentemente la Cassazione si è occupato del contrasto tra due vicini uno dei quali era un condomino proprietario di un cane di razza 'pittbull', che spesso scavallava il cancello avventurandosi nella proprietà delle persone offese, con comprensibile allarme correlato alla notoria pericolosità del predetto esemplare di razza canina. Il condomino è stato ritenuto colpevole del reato in questione sia in primo sia in secondo grado.
Secondo la Cassazione i giudici di merito hanno fornito un ampio, puntuale, specifico supporto argomentativo per sostenere l'attendibilità delle persone offese, segnalando, alla fine di un minuzioso esame delle fonti di prova - peraltro già altrettanto meticolosamente svolto dal primo giudice - come non siano emersi elementi tali da scalfire o da porre in dubbio la credibilità delle parti lese; le dichiarazioni delle vittime infatti sono risultate precise, puntuali, logiche, coerenti, costanti e convergenti le une con le altre (Cass. pen., sez. V, 28/04/2022, n. 22124).
Il disturbo della quiete pubblica
L'art. 659 c.p., prevede che chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturbi le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, sia punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309.
Per affermare la sussistenza di questo reato è necessario procedere all'accertamento della natura dei rumori prodotti dal soggetto agente e alla loro diffusività, che deve essere tale da far risultare gli stessi rumori idonei ad arrecare disturbo ad un numero rilevante di persone e non soltanto a chi ne lamenta il fastidio.
l reato di cui all'articolo 659 del c.p. è possibile anche in relazione all'abbaiare dei cani, poiché la norma incriminatrice impone ai padroni degli animali di impedirne lo strepito, senza che possa essere invocato, in senso contrario, un "istinto insopprimibile" ad abbaiare dell'animale per sostenere l'insussistenza del reato.
Il reato di "abbandono di animali" (727 c.p.): la presa di posizione della Cassazione
Il condomino che vuole tenere sette cani (huski e salmoiedo), di cui cinque cuccioli, dentro una camera priva di luce naturale e in precarie condizioni igieniche, all'interno di una abitazione che complessivamente è di circa 40 mq, rischia di essere condannato per il reato di abbandono di animali (727 c.p.: chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze). Lo ha precisato la Cassazione nella sentenza n. 39844/22 del 21 ottobre 2022.
La Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale di merito che ha ritenuto integrato il contestato reato di cui all'art. 727 c.p. Il Tribunale ha evidenziato che le condizioni di sporcizia dell'immobile e la totale assenza di igiene dell'abitazione, (l'appartamento presentava pareti scolorite, corrose dall'urina e con tracce di muffa, pavimenti incrostati di sporco, polvere e rifiuti di vario genere sparsi ovunque; gli spazi angusti della dimora erano ulteriormente ridotti dall'ammasso di mobili, stoviglie, panni, attrezzi sparsi sul pavimento o sul tavolo o ancora accatastati) la mancanza di luce dell'ambiente (la tapparella della sala ove erano detenuti i cani era guasta con la conseguenza che gli animali restavano tutti i giorni privi di luce naturale), la noncuranza dell'imputato per le condizioni igieniche dei cani (gli animali presentavano il pelo di colore giallo a causa dell'urina), erano circostanze tutte che comprovavano una detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttiva di grandi sofferenze.
I giudici supremi hanno ritenuto condivisibile pure la scelta del Tribunale di negare al colpevole la concessione delle circostanze attenuanti generiche dando rilievo alle modalità dell'azione, particolarmente odiose e contrastanti con il senso di umanità verso gli animali.
Fonte: Condominioweb
Giuseppe Bordolli